Marina De Stasio

 

C’è una vertigine nelle composizioni di Marzulli, l’erba, le stelle,

i gabbiani e le onde sono trascinati dal movimento vorticoso del cielo; un’opposizione che anima queste opere è quella tra il desiderio di abbandonarsi, lasciarsi portar via dal fluire, dall’eterno mutare delle cose, e l’esigenza di agire, di fare, di trasformare. Gli alberi, ridotti a strutture lineari, sembrano scale che invitano ad ascendere i monti, l’acqua invita ad abbandonarsi, a lasciarsi trasportare: il mare come spazio da cui lasciarsi avvolgere e la montagna come spazio da conquistare, che sfida a salire, a intervenire sul mondo; in mezzo ci sono le stelle e i gabbiani, segnali di quel movimento cosmico in cui tutto può ritrovare un’armonia. Le stelle, tema che ricorre in tutta l’opera dell’artista, sono luce che diventa forma disegnata, ritagliabile, a metà strada tra le stelle del cielo e le stelle marine, o piuttosto partecipi di entrambe le nature; la forma delle stelle è continuamente, impercettibilmente cambiata nel corso degli anni, Marzulli dice che il punto d’arrivo dovrà essere quella piccola croce splendente che le rappresenta nella pittura medievale. La singolarità della pittura di Marzulli nasce proprio da questo aspetto, su cui saranno opportuni ulteriori riflessioni e approfondimenti: l’incontro inedito tra i colori, le luci, i contrasti delle Cinque Terre, terra aspra e dolcissima, e la magia delle miniature medievali, i loro colori smaltati, lucenti, la preziosità degli ori e degli argenti, l’atmosfera distante, senza tempo, la bellezza e l’eleganza che non sono fine a se stesse, ma sempre legate ad un’interpretazione spirituale e morale del mondo.

Marina De Stasio, luglio, 1990 (in Lino Marzulli. Dieci anni di pittura, trent’anni di coerenza. Opere 1982-1992, catalogo della mostra, a cura di Abbiati F., ed. Arci Nova “Pablo Neruda”, Carnate 1992, p. 99)