I giardini della memoria
[…] È quel che avviene per le Cinque Terre che hanno soggiogato fin dal primo istante il maestro milanese, tanto da condizionarne ogni gesto, tanto da rappresentarne in seguito ogni riflesso da rivolgersi ad altri orizzonti, ad altri percorsi.Marzulli aveva conosciuto questo scorcio di Liguria ancora poco contaminata dagli insulti della cementificazione nel 1958, partecipando alla “Festa dei Pittori” di Riomaggiore. È scoccato un innamoramento folgorante e duraturo che nel 1973 lo ha indotto a
prendere casa da quelle parti per confrontarsi con un mare sovente imbronciato, in procinto di ubriacarsi di cielo, in maniera da impastare un unico azzurro privato dell’orizzonte. E per confrontarsi con una costa a precipizio, coi colori in bilico, abbarbicati a un sasso, a un pugno di terra battuta dal vento, corrosa dal salino, temprata dal sole e dalle piogge, Marzulli ha capito che non avrebbe potuto fermare sulla tela un qualcosa che mutava di continuo e che sfuggiva alle regole del “sotto” e del “sopra”, che rifiutava ogni genere di riferimento topografico.
Il paesaggio delle Cinque Terre era ed è l’illusione di un sogno a occhi aperti, una scommessa nei confronti della ragione che pretende ogni cosa al suo posto secondo piani catastali. Allora ha scelto una interpretazione aerea, libera, a volo d’uccello e di pennello che, per coloro che non conoscono Manarola o Riomaggiore e non conoscono magari neppure Marzulli, può apparire come una fuga nella fantasia o come l’idealizzazione esasperata di un luogo. […]
Luciano Caprile, ottobre 1998 (in Marzulli, catalogo della mostra, Galleria Vinciana, Milano 1998, pp. 4-5)