Giuseppe Marchiori

 

Bisogna dir subito che la cultura di Marzulli è la sintesi più propria di una esperienza che si svolge nel tempo e per il tempo, coi mezzi che ogni vero artista riesce a crearsi con la forza di una autentica vocazione, in un clima di assoluta verità spirituale, intravista e poi conquistata nel corso di molti anni di esercizio pittorico denso di allusioni e di scoperte, di tensioni, di

traumi, di delusioni e di speranze, cioè di quanto può essere attribuito alla più complessa vicenda artistica della storia (quella del nostro tempo), volta alla crisi e (qualcuno afferma) alla morte dell’arte.

L’opera di Marzulli, nonostante i segni dell’epoca, non conferma affatto un simile presagio luttuoso: anzi si manifesta come “realtà” di un periodo storico, con tutti gli elementi positivi e negativi che gli sono propri. Ritengo ch’essa sia un fatto attivo; un modo di comunicare per allusioni e per simboli nelle forme della pittura senza aggettivi, la più vicina allo spirito delle cose e dei concetti diventati “figure”.

Non si può descrivere il mondo cosmico di Marzulli, e tanto meno il suo substrato inconscio, attraverso gli elementi di un racconto quasi metafisico, tradotto però in termini rigorosamente pittorici.

Le sue sono fughe e presenze alternate in un continuo scontro di situazioni, che il pittore risolve con fasce o tagli in diagonale o in altre direzioni, rompendo facili simmetrie e sostituendo all’ordine costruttivo i valori espressivi. Un pittore che, oggi, si affida alle combinazioni e alle armonie dei colori, in una continua scoperta di raffinate tonalità, in sequenze di spazi che sembrano nascere da una profonda analisi interiore. […]

Giuseppe Marchiori, Venezia, 1975 (in Lino Marzulli. Dieci anni di pittura, trent’anni di coerenza. Opere 1982-1992, catalogo della mostra, a cura di Abbiati F., ed. Arci Nova “Pablo Neruda”, Carnate 1992, p. 95)